Raffaele Bocchio – Mister B2.

Vediamo vediamo, dove eravamo rimasti che ho perso il segno? A Mister B?
No, abbiamo già parlato diffusamente di Mister B, ma di Mister B non si smette mai di parlare, e avendone due nel basso Garda (per ora) oggi racconteremo la storia del secondo….

Classe 1958, questo misterioso Mister B, a vederlo oggi, sembra il grande saggio di una tribù indiana, gli manca solo la corona di penne d’aquila attorno al capo. Con noi non si è sbottonato molto, ma quel poco di vissuto che qui riporteremo testimonia i trascorsi di svariate esperienze, che gli giustifica in parte questo aspetto da capo tribù.

Viene da una famiglia contadina e per oltre un decennio, colpevole il periodo in cui ha vissuto la sua giovinezza, ha tentato di rifuggire da queste origini, facendo svariati lavori, improvvisandone altri e girando il mondo in allegra compagnia.

Ma i due ettari di terreno di famiglia hanno sempre costituito l’isola in cui il nostro errabondo ritornava a riempire gli intervalli tra una esperienza e l’altra, in cui sempre e comunque un minimo lavoro era certo, come era certo che non gli poteva garantire un reddito da autosufficienza.

Ma cerchiamo di mettere le cose un po’ in fila.

Il padre di Raffaele Bocchio, contadino in quel di Manerba, conduceva un piccolo appezzamento con uliveto e vigneto, poco più di due ettari in tutto. Nel ’65 durante la raccolta delle olive cadde da una scala e subì un infortunio che gli impedì di proseguire la sua attività e lo indusse a fare scelte differenti per garantire il sostentamento della famiglia. Quando si riprese divenne infatti ausiliario nelle scuole, prima a Lonato e poi a Manerba. La cura degli ulivi divenne una attività secondaria e marginale andando nel tempo a sostituire anche quella legata al vigneto.

Raffaele termina nel 1975 la scuola professionale di disegnatore meccanico e da quel momento inizia quel suo percorso a pendolo che lo vede allontanarsi e riavvicinarsi a quel fazzoletto di terra, che rimane tutto oggi il fulcro della sua esistenza. La seconda metà degli anni ’70 è il periodo in cui la cultura hippie si diffonde anche nel nostro paese e Raffaele non è rimasto immune dal suo fascino. Lavoricchiando, un po’ con il padre, un po’ qui e un po’ là, raccimola quel tanto bastante per dare corso al mito hippie del viaggio.

Dopo alcune puntatine in vari paesi europei e in Turchia, il grande viaggio è del 1978, quando assieme ad altri quattro giovani compaesani scapestrati, col pollice fuori arrivano fino in India, dove rimangono per 8 mesi. L’unico dettaglio che ci viene concesso di condividere di quel periodo è legato al mezzo utilizzato per gli spostamenti interni: una lambretta scassata acquistata per poche lire con la quale Raffaele attraverserà l’intero paese.

Qualche cosa gli ha lasciato senz’altro quel viaggio, e forse ne potremo fare oggetto di future storie…

Quando rientra, Raffaele vorrebbe dedicarsi alla terra ma è costretto ad inventarsi qualche cosa che gli consenta di mantenere, diciamo così, vivo il mito del viaggio. Assieme ad un suo amico decide perciò di prendere il patentino da sub e dai primi anni ’80, sino all’85, lavora con una cooperativa di lavori subacquei: posa di tubi, in particolare. Di quel periodo ricorda il grosso lavoro di cui è stato partecipe, per la posa di 2500 metri di condotta fognaria subacquea della rete di collettamento della sponda bresciana del lago di Garda.

Le esperienze di viaggio in oriente, hanno seminato in lui alcuni interessi: la lettura di Rudolf Steiner nei primi anni ’80 lo introduce alle pratiche biodinamiche in agricoltura; dal 1983 e per una dozzina d’anni si dedica allo yoga in modo assiduo e completo. Il percorso dello yoga, in particolare, lo affronta assieme alla sua ragazza, Therese, che diverrà sua moglie nel 1989.

Stufo dei lavori subacquei, complici anche le cattive acque in cui era finita la cooperativa a seguito di un lavoro non concluso al fiordo del Furore lungo la costiera Amalfitana, Raffaele diviene socio di una cooperativa che cura i giardini e gli oliveti. Farà questo lavoro per 10 anni. Di questo periodo, Raffaele porta a testimonianza la profonda conoscenza dell’ulivo. Gli olivi non hanno segreti per il nostro Raffaele che dai vecchi olivicoltori della zona ha appreso l’arte del loro recupero da malattie fungine del tronco. Ancora oggi viene infatti chiamato ad effettuare interventi di tipo chirurgico, per asportare dal cuore dei tronchi malati le parti infette e donare alle piante ancora svariati anni di crescita rigogliosa e produttività.

Dopo il 1995 Raffaele continua da solo questa attività, finché nel 2000 decide di prendere in mano la gestione del fazzoletto di terra di famiglia. E lo fa con gli insegnamenti di Rudolf Steiner nella testa, avviando subito il periodo di conversione al biologico. Nel 2002 acquista un ettaro di terra nel territorio di Polpenazze, con l’idea di farsi casa e trasferirsi in quei luoghi. Tuttavia dopo solo un anno dalla certificazione del terreno, nel 2004 Raffaele desiste dal proseguire: il fregiarsi del biologico non gli dà nessun valore aggiunto, anzi, alla vendita si sente dire che le sue olive non vanno bene perché “hanno la mosca”. Come se non bastasse, nel frattempo, il fratello non gli cede più la gestione della sua metà della proprietà di famiglia. Questa penuria di reddito lo costringe anche a cedere in affitto il terreno di Polpenazze, coltivato con agricoltura convenzionale sino al 2010.

Colto dallo sconforto, Raffaele torna a fare quello che comunque sa fare bene, il giardiniere.

Il pendolo continua inesorabile ad oscillare attorno a quel fulcro e nel 2011 Raffaele si mette in testa di riprovarci: riprende la gestione dell’ettaro di Polpenazze e forte della frequentazione di un corso di agricoltura biodinamica di elevato livello riprende il percorso della certificazione biologica. Lui e Therese frequentano inoltre il mondo dei GAS dal 2007 e questo incide in modo significativo sulla scelta maturata, di avviare parallelamente una piccola produzione di ortaggi.

La certificazione dei terreni arriva ad inizio 2013 e poco dopo arriva l’ingresso nella Piccola Distribuzione Organizzata del basso Garda.

Raffaele oggi ha 170 olivi di età compresa tra i 20 e i 40 anni, dai quali ha deciso di spremere il proprio olio e di fregiarlo non solo della certificazione biologica ma anche della Denominazione di Origine Protetta. La sua produzione è limitata a 55-60 quintali di olive all’anno e l’olio che ottiene è decisamente gradevole e ad un costo abbordabile.

Oggi Raffaele coltiva un orto da circa 2500 mq, una piccola produzione per la quale sta sperimentando il metodo biodinamico; i buoni risultati sono testimoniati, tra l’altro, dalle taccole che abbiamo raccolto durante la nostra chiacchierata, la cui straordinaria produzione è continuata da giugno ai primi di ottobre. Statistiche sulla sua vendita è difficile farne perché è partito da poco; per il momento, oltre alla PDO, si avvale della vendita diretta, seguita da Therese, sia in campo che presso la propria abitazione; inoltre frequentano qualche mercatino estemporaneo che viene organizzato nell’ambito di manifestazioni nei paesi del territorio. L’unico posto fisso per il momento è quello al mercatino estivo di Manerba. Insomma i coniugi Bocchio hanno un bel da fare, che si aggiunge al dover correre appresso ad una figlia sedicenne …

Come abbiamo intuito dal suo racconto, il percorso di Raffaele è stato caratterizzato da un po’ di alti e bassi, non ci resta che augurarci tutti assieme che la scelta di restare sul territorio e fare l’agricoltore biologico, o meglio, biodinamico, questa volta sia premiata da una certa continuità.

Per la verità questo dipende anche da noi …

Buoni ortaggi a tutti!

2 pensieri su “Raffaele Bocchio – Mister B2.

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