Proprio così, avete letto bene. Oggi vogliamo cavalcare la moda del momento.
Innanzitutto, sgomberiamo il campo da eventuali dubbi: oggi NON sono il PEZZO DI CARTA. Quell’ammasso informe di fibre cellulosiche chissà che fine ha fatto…. pare stia facendo riabilitazione dopo l’ultima stropicciata che ha preso….
Semmai sono il suo alter ego virtuale, in carne e pixel, e come tale mi corre l’obbligo di informare la base sociale sulla campagna di raccolta fondi a sostegno della nuova bilancia della Piccola Distribuzione Organizzata, conclusasi con il mese di aprile. I soci hanno donato 336 € e fatto il pre acquisto di 44 cassette, per un importo complessivo di 1.436 €. Un buon risultato, che ha consentito all’associazione di fare fronte alle spese di acquisto senza andare in sofferenza. GRAZIE A TUTTI I SOCI !

Oggi, per essere di moda, continueremo a parlare di soldi. Anche se il maggior influencer del nostro beneamato Paese, il premier Draghi, sulla tendenza del momento si è già espresso in modo lapidario e, a nostro avviso, molto infelicemente.
Parliamo di tassazione dei patrimoni; lo facciamo perché è un tema ricorrente, perché in questo momento storico, checché se ne dica, ce ne sarebbe veramente bisogno; perché a livello globale siamo in buona compagnia a voler sostenere questo argomento; ed infine, perché abbiamo preso spunto dall’interessante libercolo uscito nel recentissimo passato per la giovane casa editrice People, a firma Civati – Serafin: “TAX THE RICH”.
Una lettura che ci sentiamo di suggerire per capire meglio l’argomento, scevri dai pregiudizi mass mediatici degli ultimi 25 anni, sdoganati dal berlusconismo ed assecondati dalla sinistra, che hanno creato la terrificante e quanto mai deleteria cultura dello Stato ladro (eccolo qui l’infelice errore di Draghi, che evoca l’immagine delle mani nelle tasche del popolo…). Una lettura per scoprire come si riproponga ciclicamente il tema della tassazione dei patrimoni, per capire quanto sia necessaria per scongiurare la creazione di centri di potere, e quanto sia importante per la giustizia sociale; ed infine per rivelare quanto poco affilate siano le tesi sguainate dai NO TAX!
È provato, ce lo mostra la storia degli Stati Uniti dalla depressione del ’29 in poi, che la tassazione progressiva favorisce una reale redistribuzione della ricchezza che si traduce in crescita economica. Basti pensare al New Deal di Franklin Delano Roosvelt, che vide passare la tassazione sul reddito delle classi più abbienti dal 63%, alla metà degli anni ’30, sino al 94% al momento dell’ingresso in guerra da parte degli USA, dopo Pearl Harbor.
Sono sempre gli Stati Uniti la palestra in cui tutte le teorie economiche trovano un reale riscontro: si scopre così che la riduzione delle tasse, ricetta introdotta da Reagan nei primi anni ’80, contrariamente a quanto propinato negli slogan finalizzati al consenso, non favorisce la crescita dell’occupazione e la diminuzione del debito pubblico; l’unica cosa che favorisce è l’incremento delle disuguaglianze sociali, i ricchi sempre più ricchi (e potenti). Negli USA solo nel 2013 Obama inverte la tendenza della riduzione della tassazione; poi arriverà Trump e dal 2017 si torna a favorire l’accumulo di denaro.
Saltuariamente, sono proprio i soggetti con grandi capitali che mettono in evidenza le iniquità di un sistema fiscale che concentra il proprio agire sul reddito delle persone fisiche, e della classe media in particolare. È il 2011 quando il miliardario americano Warren Buffett denuncia il proprio disagio per il fatto che paga meno tasse della propria segretaria. “Nessuno che abbia guadagnato oltre un milione di dollari all’anno dovrebbe pagare meno tasse di chi fa parte della classe media”.
Gli States come al solito fanno scuola, e in Italia è il primo Berlusconi, alla metà degli anni ’90, ad introdurre “l’ideologia del fisco vessatorio”. Dopo un primo tentativo caduto nel vuoto, nel 2004 e nel 2007 i governi Berlusconi II prima e Prodi II successivamente, introducono lo schema a 4 e 5 aliquote le cui soglie, accompagnate una serie di detrazioni, fanno in modo di colpire particolarmente la classe medio bassa. Da allora ogni governo si è ben guardato dal mettere mano al sistema fiscale, per non dover affrontare il temuto giudizio dell’urna.
Cosa succede una volta che i capitali sono stati accumulati? Secondo John Locke (fine 1600) il diritto di lasciare in eredità ai figli è una emanazione diretta del diritto di proprietà; per il liberale John Stuart Mill (metà 1800), invece, tale diritto può essere sottoposto a limiti, in quanto frutto di privilegio.
Alcuni dati la dicono lunga sul privilegio generato nel nostro paese dalla abolizione, avvenuta nel 2001 da parte del governo Berlusconi II, della tassa di successione: le ricchezze trasmesse in eredità costituivano nel 1994 l’8,4% del reddito nazionale; tale percentuale è salita al 15,1% nel 2016. Il gettito dell’imposta di successione è passato nello stesso periodo dallo 0,15% del gettito totale, allo 0,05 (nel frattempo è stata reintrodotta una tassa di successione nel 2006, con aliquota al 4% per le quote eccedenti il milione di €).
Insomma, in Italia si sta affermando il pensiero di Locke…
Civati e Serafin, riprendono quindi le proposte contenute nel testo “Il capitale nel XXI secolo”, dell’economista francese Thomas Piketty, secondo il quale in Europa è necessaria una tassazione progressiva del capitale con aliquote dell’1% oltre 1 milione di € e del 2% oltre i 5 milioni; in questo modo è possibile generare un gettito pari al 2% del PIL Europeo. Si tratta di una ricetta indubbiamente semplice e che, nel medio-lungo periodo dovrebbe generare sempre meno gettito, a testimonianza di una reale redistribuzione della ricchezza.
Si conferma di nuovo la lungimiranza di Marx, quando teorizzò che il capitalismo lasciato a sé stesso avrebbe favorito unicamente l’accrescimento del capitale nelle mani di pochi. Solo l’intervento dello Stato può fungere da correttivo per garantire maggiore giustizia sociale. Il problema è che la politica ha rinunciato da tempo a questo ruolo…
In conclusione, oggi più che mai quello che serve è, da un lato, smontare la retorica dello stato che mette le mani nelle tasche degli italiani, dall’altro, una classe dirigente che finalmente abbia il coraggio di scelte che pongano un freno all’incessante accumulo di capitale: i ricchi è ora che traggano dalle loro tasche quanto accumulato. Si tratta di una questione di giustizia, poiché, per dirla alla Alexandria Ocasio-Cortez: ” […] i miliardari fanno i loro soldi sulle spalle di persone prive di documenti, afroamericani pagati con un salario di sussistenza […]”; e noi aggiungiamo: depredando Madre Terra.
Buona lettura!