Pezzo di carta del 27 settembre 2018

I motivi per tornare non mancano, ieri il trapianto di motore, oggi la narrazione delle aziende agricole biologiche del territorio. Eccolo quindi qui, il vostro pezzo di carta. Intriso di nostalgia e rinnovata voglia di condividere.

Pare quasi impossibile passare in pochi minuti dalla interminabile coda d’auto in ingresso a Desenzano al luogo ameno di cui oggi vi racconto, in località Feniletto. Ad un tiro d’arco dall’ospedale della capitale del basso Garda, stradine poco frequentate si addentrano nella macchia collinare facendo qua e là apparire case rurali e sontuose villette, immerse nel verde.

Qui Stefano ha deciso di intraprendere, ricevendo il testimone da un nonno e da un padre dai quali ha imparato ad amare la terra ed ha appreso, facendola propria, l’arte di allevare le api, con il sogno di trasformarla nel suo lavoro. Eppure, la sua strada sembrava già segnata, il diploma in agraria, il lavoro sicuro e gratificante, almeno sotto il profilo economico, in un allevamento del territorio. Finché qualcosa in lui è scattato, e lo ha portato alla coraggiosa e radicale scelta di dedicarsi al biologico e al suo insetto preferito. Lo so, parto sempre in modo un po’ disordinato, ma ora correggiamo il tiro, puntando all’inizio.

Erano gli anni 20’ del 900 quando il suo bisnonno paterno investì la sua pensione da invalido di guerra acquistando il piccolo podere di Cascina Masina, così trasferendosi da Ponti sul Mincio a Desenzano. Capace di diventare un rinomato norcino e produttore di vino, tanto che la Cascina era frequentata, pur non essendolo, come un’osteria, trasmise la passione per queste attività al genero e al nipote. Tuttavia, il padre di Stefano giungeva all’età lavorativa in un periodo storico in cui si fuggiva dalle campagne in cerca di migliori guadagni. Eccolo quindi frequentare una scuola per radiotecnici che lo porterà a diventare un tecnico radiologo all’ospedale di Salò. Qui conosce la futura moglie, infermiera, che nel 1988 diventerà madre di Stefano, il secondo e penultimo genito di famiglia.

Eccolo qui, il nostro Stefano Salandini!

I due ettari che circondano Cascina Masina costituiscono motivo per il padre di Stefano di continuare nel dopolavoro, innovandole, le tradizioni di famiglia legate a quello che la terra forniva. Nel tempo sostituisce parte dei vigneti con piante di ulivo e si butta nell’hobby dell’apicultura. Di questo si circonda Stefano sin dalla tenera età, assiste curioso il padre nell’allevamento delle api e nella raccolta delle olive e ogni anno chiede al nonno un po’ del vino autoprodotto, conservandone 2-3 bottiglie. Durante la mia visita mi mostra nella cantina interrata il risultato di questo suo personale rituale: una cinquantina di bottiglie impolverate accumulate dai primi anni 2000. Cosa ne farà Stefano, non è dato di sapere…

Stefano frequenta per volontà dei genitori scuole private di matrice religiosa, le elementari a Desenzano e le medie a Lonato; seguendo il percorso della sorella, più grande, e anticipando quello del fratello, più giovane. A dispetto di queste frequentazioni, che talvolta vedono crescere figli ribelli, Stefano è un ragazzo tranquillissimo, come si suole dire: con la testa sulle spalle; inoltre, sia la sorella che il fratello hanno già messo su famiglia…

Quando si tratta di scegliere la scuola superiore a Stefano è bastato visitarne una, l’istituto agrario Pastori di Brescia, per capire che quella era la sua strada. I cinque anni all’agraria, dal 2003 al 2008, gli sono rimasti nel cuore. Gli chiedo se la sua idea del biologico nasce in quel periodo e Stefano mi sorprende con la sua risposta: individua con nitidezza il momento che lo porterà quasi dieci anni dopo a fare questa scelta. Era al terzo anno e il mitico professor Prati, l’unico nella compagine degli insegnati a professare un verbo non allineato alla agricoltura figlia della rivoluzione verde, aveva organizzato un convegno invitando al Pastori un certo Maurizio Gritta a parlare del metodo di coltivazione biologico. Ma il Prati non si limitò a questo, trovando nella classe un manipolo di studenti intrigati dall’argomento, che esulava da quello del piano di studi, li accompagnò di li a poco ad una visita alla Cascina Corteregona di Calvatone, sede di Cooperativa IRIS. Era il 2006 e tra questi c’era Stefano.

Di quel periodo, ricorda infine un episodio legato alla intransigente madre. Sempre rigida rispetto alla assidua frequentazione scolastica del figlio (lo mandava anche quando aveva qualche linea di febbre), durante il quinto anno assecondò le inclinazioni del figlio iscrivendolo ad una conferenza sul biologico organizzata dalla Associazione La Buona Terra e firmando senza indugio la giustificazione della sua assenza da scuola.

L’attitudine allo studio, i buoni risultati, e la passione per gli animali indurranno Stefano ad iscriversi a Veterinaria, con indirizzo Tecnologia delle produzioni animali, a Parma. Durerà, oggi Stefano lo dice con un pizzico di rammarico, poco più di anno; tre esami passati e poi una miscela di indecisione e situazioni famigliari lo porta a decidere di cercarsi un lavoro. Lo trova quasi subito: ad inizio del 2010 entra nel mondo del lavoro in un allevamento a Pozzolengo, specializzata nello svezzamento. Tecnicamente si chiama contratto di soccida: una nota azienda di produzione di carni ti affida lo svezzamento dei sui maialini o vitelli, ti procura il mangime e tutto quello che serve per tirarli su bene, sani e grassottelli. Tu ci metti la stalla, i silos, il lavoro; se sei bravo, rispetti i tempi di accrescimento e le taglie da raggiungere, applicando a tutte le variabili in gioco un complicato algoritmo con unità di misura finale l’euro, salta fuori il tuo guadagno. Stefano vi si è applicato con dedizione ma è resistito fino al sesto anno, poi ha mollato. In questo lasso di tempo, quantità di antibiotici via via crescenti non erano in grado di evitare la moria di capi che ogni tanto capitava. La passione iniziale, legata all’essere a contatto con gli animali, è andata via via scemando; la soddisfazione dei primi tempi di stare tra animali sani è soppiantata dalla crescente consapevolezza che quel benessere è esclusivamente legato alla efficacia degli antibiotici; venendo questa meno a motivo dello sviluppo di resistenze e a dispetto delle crescenti quantità di farmaci somministrati, quel tipo di allevamento perde completamente senso agli occhi di Stefano.

Insomma, nel 2016 nasce la azienda agricola di Stefano Salandini. Per fortuna non ha mai cessato di seguire assieme al padre le api e a questa attività affianca fin da subito l’orticoltura con il metodo biologico, avviando il percorso della certificazione e iniziando a fornire prodotti in conversione nel paniere della PDO del basso Garda. Il bollino del biologico è giunto proprio a giugno di quest’anno!

Il vigneto e l’uliveto soddisfano unicamente le esigenze famigliari, occupando circa metà del terreno di proprietà. Sul rimanente, trovano posto due serre a tunnel e colture in pieno campo; Stefano è agli inizi e sperimenta le rotazioni, privilegiando i legumi e nell’attesa di imparare bene la tecnica del sovescio. Sono quasi due anni che inserisce prodotti nel paniere della PDO, e noi siamo orgogliosi di averlo con noi.

I progetti per il futuro eccoli qui: sta sistemando una porzione del portico attiguo alla cascina, realizzato alla metà del secolo scorso dal nonno, per realizzare un piccolo punto vendita del miele con annessi magazzino e laboratorio di smielatura. È consapevole che dall’orticoltura gli può arrivare poco in termini di reddito, nonostante la vendita diretta in campo e alla PDO; quindi punta a sviluppare quella che è sempre stata la passione che il padre ha saputo trasmettergli (per non fare differenze l’ha trasmessa anche all’altro figlio…).

Stefano produce miele autoctono di acacia, oltre a del millefiori, portando le arnie sul monte Baldo, e del castagno, in trasferta nei pressi di Odolo. Per il momento il miele non è certificato; Stefano attende che si dipani la matassa e la normativa accetti la oggi quasi inevitabile tecnica apistica dell’invernamento. Dare vigore agli insetti durante la stagione invernale, attraverso un breve periodo di alimentazione con integratori zuccherini (banalmente: una soluzione zuccherina) è oggi una pratica quasi obbligata se non si vuole uscire dalla stagione fredda con le api decimate; tuttavia non è ammessa dal metodo biologico…

Sul finire della nostra chiacchierata incrociamo altri due personaggi di questa storia, uno dal passato, ed uno dal futuro. Nonna Rina, la padrona di casa, prossima ai novant’anni, con andatura lenta e misurata, attraversa la stanza per uscire a fare due passi assieme alla badante. Questa è intenta ad infrangere lo scudo ovattato di sordità dell’anziana donna, nel tentativo di trasferirle i miei saluti, fatti inconsapevolmente a volume normale. A seguire, il conoscente di Stefano, artigiano professionista della grafica, giunto per presentargli le proposte per le etichette da affiggere ai vasetti del miele.

Così ci si trova a parlottare, sollecitati da Stefano, attorno al nome da associare alla sua azienda agricola. A Stefano piace “cascina fiorita”, ma io e il grafico storciamo il naso e lo indirizziamo verso qualcosa più legato al territorio. In pochi minuti esce quello che verrà scritto sui vasetti, che Stefano utilizzerà come biglietto da visita: Cascina Masina. Così possiamo dire che anche in questo la Associazione verso il DES basso Garda ha dato il proprio piccolo contributo!

Buoni ortaggi a tutti, purché tra questi ci siano anche quelli di Stefano!

 

PS1: TUTTI ALLA MARCIA NOTAV DI SABATO 29 SETTEMBRE A LONATO!

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